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Sanità pubblica e servizi socio sanitari, emergenze primarie del nostro territorio

Sanità pubblica e servizi socio sanitari, emergenze primarie del nostro territorio

La nota di Gianfranco Solazzo – Cisl

La ripartenza delle istituzioni repubblicane, conseguente al varo del nuovo Governo ed alla formale fiducia ottenuta dal nuovo Parlamento, ritrova intatte le criticità sociali, economiche e strutturali del nostro Paese.
Il tema della salute, per due anni al centro dell’agenda politica, causa Covid-19 e successive varianti, con circa 180 mila morti nel Paese, di cui 7.500 in Puglia, non potrà non divenire prioritario tra gli interventi attesi dalle nostre comunità che vedrebbero, con particolare favore, la totale riorganizzazione del Sistema sanitario nazionale (SSN).
E’ un fatto che, fino ad oggi, non sono serviti allo scopo o non lo sono ancora, le risorse del PNRR per circa 20 mld tra risorse proprie del Piano (15,6 mld), quelle del fondo complementare (2,9 MD) e del fondo Reacteu (1,7 mld).
Le liste di attesa e la carenza di personale sono solo la punta dell’iceberg di ben altre logiche che hanno condizionato in questi anni la sanità pubblica, per la disperazione di chi soffre e non può sperare in assistenza e cure dignitose.
Oltremodo opportuna, al riguardo, la manifestazione nazionale unitaria delle OO.SS. della sanità a Roma, di sabato 29 p.v. che ha per slogan “Sanità, se non la curi non ti cura – Assunzioni Risorse Valore professionale”.
Il Sistema pubblico è parcellizzato, tanto quanto il numero delle Regioni ed è gestito meno come servizio pubblico e più con logica aziendalistica; anche per questo non è in grado di assicurare, per la gravissima scarsità di personale medico, infermieristico e tecnico, un’offerta sanitaria e socio-sanitaria efficace, efficiente e di effettiva prossimità.
Esso ha finito, perciò, col mortificare i principi nobili della Legge istitutiva, la n. 833/78, che poneva al centro la persona e la garanzia del diritto alla cura della salute di tutte le fasce sociali, nessuna esclusa.
Tra le conseguenze ci sono quelle che coinvolgono il personale in trincea, cioè nei Pronto soccorso, laddove operatrici ed operatori, per far fronte alle tante vulnerabilità del modello sanitario possono far ricorso unicamente alla propria responsabilità mettendo in gioco le proprie energie fisiche e mentali, pur continuando a sopportare carichi di lavoro estenuanti e, sempre più spesso, angherie e aggressioni da parte di una utenza talvolta esasperata e incivile.
Al nuovo Governo, medici, infermieri, operatrici e operatori sanitari e socio-sanitari, così come tutti i cittadini, chiedono chiare ed inequivocabili risposte, atteso che la soluzione non potrà mai essere una sempre più invocata Autonomia regionale differenziata che decreti surrettiziamente il principio della dualità Nord-Sud del Paese.
E’, infatti, lecito il timore che il dibattito apertosi tale argomento avvii modifiche legislative ulteriormente distorcenti, anziché limitare i danni di un’offerta sanitaria che si conferma di serie A e tante di serie B, soprattutto nel Mezzogiorno, dove le risorse del Next Generation Eu rischiano di restare in un salvadanaio inutilizzato.
La Sanità pubblica nazionale ha bisogno di più risorse e di più personale, perciò sarà necessario procedere ad un piano di assunzioni straordinario, per evitare tra cinque anni – tempo medio di completamento di un corso in medicina – di ritrovarsi a denunciare le stesse criticità.
Sia accelerata, dunque, la messa a terra delle risorse PNRR – che alla Puglia assegna 650 mln di euro – per mettere mano definitivamente alla riforma del Sistema, attribuendo alla sanità territoriale ruolo di primo piano.
In particolare nel territorio Taranto Brindisi, si proceda in fretta con la realizzazione degli Ospedali e della Case di comunità, con le Centrali operative territoriali, con le Unità di continuità Assistenziale e, soprattutto, puntando ad assunzioni e formazione di un personale arricchito di nuove competenze professionali e tecnologiche, appunto funzionali ad un Sistema sanitario da rinnovare compiutamente.
Certamente condivisibile la riflessione in merito ad una realtà universitaria da realizzare accanto al costruendo ospedale San Cataldo di Taranto , oggetto di un’altra operazione creativa, ovvero quella di aver previsto l’offerta formativa universitaria lontana km dalla stessa realtà in cui formarsi ma crediamo, al riguardo, che la preoccupazione maggiore sia, oltre alle professionalità, quale dovrà essere la tecnologia da impiegare, gli strumenti da utilizzare e la tempistica di realizzazione.
Lo scorso 12 ottobre è approdato in conferenza Stato Regioni il Decreto firmato dai precedenti ministri della Salute e dell’Innovazione che ha sbloccato 750 mln, cui le Regioni potranno accedere per attuare la Telemedicina e permetterà, dal 2024, di ricevere talune prestazioni sanitarie on line.
La Lombardia e la Puglia sono state indicate come regioni pilota.
A fini di copertura dei costi relativi al personale aggiuntivo da assumere più volte è stato evidenziato che con la Legge di Bilancio 2022 è autorizzata la spesa massima di 90,9 mln di euro per il 2022, 150,1 mln di euro per il 2023, 382,3 mln per il 2024, 591,5 mln di euro per il 2025 e 1.015,3 mln di euro per il 2026.
Oggi siamo fermi ancora là, alla mera elencazione di numeri e risorse economiche, mai tradottisi in risorse umane.
Crediamo che si stia continuando a disegnare un mondo possibile in una realtà impossibile, dove ormai si pensa di risolvere i problemi scaricando le responsabilità su amministratori periferici e sul personale sanitario, trascurando l’inefficienza atavica di un sistema che necessiterebbe, ancor prima di telemedicina e teleassistenza, di cura e assistenza fatta da persone prima ancora di puntare su un sistema digitale che non potrà fare a meno di risorse umane e di nuove professionalità.
E’ ciò che come Cisl abbiamo evidenziato ad entrambe le Asl di Taranto e di Brindisi in ordine al programma della M6 del PNRR che, auspichiamo, possa intendersi anche per il nuovo Governo come una delle emergenze del nostro Paese, considerando che l’esperienza pandemica non è alle nostre spalle e che, probabilmente, non lo sarà ancora per lungo tempo.

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